Il percorso conCittadini continua grazie alla didattica a distanza

Nell’ambito del percorso conCittadini, bando promosso dall’Assemblea legislativa Emilia Romagna, ANVCG Rimini ed IC Alighieri hanno continuato il loro cammino condiviso e partecipato trasferendo parte del progetto online, rimodulandolo attraverso le video lezioni. Grazie alla didattica a distanza si è potuta ugualmente svolgere la testimonianza di Franco Leoni, sopravvissuto alla strage di Monte Sole ed ambasciatore di Pace del Comune di Marzabotto (encomio consegnatogli nel dicembre 2019) e Consigliere provinciale ANVCG. Gli alunni hanno preso visione del film “L’uomo che verrà” (Italia 2009) del regista Giorgi Diritti, pellicola che ha vinto 3 Nastri D’Argento, 3 David di Donatello e premiato al Film Festival di Roma e liberamente tratta dalla storia personale di Franco Leoni.

Pubblichiamo una selezione della restituzione didattica degli alunni, classi 3F e 3G (testi e schede analitiche del film) che fa parte del progetto presentato all’Assemblea legislativa per l’anno 2019-2020,  dal titolo “La cultura di pace delle vittime civili di guerra”.

Questa la consegna del lavoro a casa per i Testi:

“Scrivi un tema sotto forma di lettera ad un tuo amico che non ha partecipato all’incontro con il signor Franco Leoni: racconta l’esperienza narrata dal testimone, descrivi come ti sei sentito, le riflessioni che l’incontro ha suscitato in te e/o nella tua famiglia”. 

 

Cara A.,

come stai passando questo periodo in casa?

Fortunatamente io ho avuto l’opportunità di incontrare “virtualmente” un sopravvissuto alla strage di Marzabotto, una provincia che si trovava sulla linea gotica che separava la Repubblica di Salò dai territori degli Alleati durante seconda guerra mondiale. Probabilmente non capirai queste prime righe perché studierai l’anno prossimo la seconda guerra mondiale, ma almeno così quando la spiegheranno in classe potrai raccontare anche tu l’esperienza di Franco Leoni, il sopravvissuto. Quest’anno avevamo in programma una gita a Montesole che si trova appunto vicino a Marzabotto, per capire meglio le numerosi stragi causate dagli scontri delle due fazioni che si sono consumate nelle città che si trovavano vicino ai confini (Linea gotica). Anche Rimini si trovava su questo confine! Purtroppo a causa della pandemia il soggiorno è stato annullato, ma la nostra insegnante di storia ha comunque fatto di tutto per farci conoscere personalmente la storia di questi borghi, perché ormai i pochi sopravvissuti diventano sempre più anziani e molto probabilmente siamo l’ultima generazione che può ancora interagire di persona con loro.

Nel momento in cui Franco si è collegato alla videochiamata mi è sembrato un signore di poche parole, ma quando ha iniziato a parlare si è rivelato entusiasta di condividere la propria storia con noi perché, ha detto, ormai vuole dedicare il resto della sua vita ad informare giovani studenti come noi.

La resistenza della Stella Rossa, una squadra nazifascista che aveva il compito di avanzare cercando di sopraffare i territori degli Alleati, non trovando nessuno sugli appennini, scese a valle dove trovarono una piccola cittadina in cui abitavano anche Franco – che all’epoca aveva circa sei anni – e la sua famiglia.

Fecero in tempo a nascondersi in un rifugio prima che i tedeschi irrompessero in casa loro ma sua mamma doveva partorire, e le condizioni di quel rifugio non erano certo adatte a far nascere un bambino; dovevano tornare a casa per prendere degli asciugamani. Franco, sua nonna e sua mamma camminarono a fatica fino a casa che ormai era in fiamme ma riuscirono a prendere qualche vecchio straccio. Sulla strada del ritorno il bambino ormai stava nascendo e i tedeschi, sentendo le grida della madre, le spararono nel ventre e riuscirono ad uccidere anche la nonna. Anche Franco rimase ferito da una pallottola, ma mentre ce lo raccontava più del dolore che stava provando gli era rimasta in mente la carezza di sua madre, che anche in fin di vita cercava di consolarlo.

Mentre Franco parlava, tutta la classe sembrava ipnotizzata dalle sue parole, e personalmente era come se fosse un nonno che raccontava la storia della propria vita ai nipoti.

Ci raccontò come i soldati tedeschi erano spietati nell’uccidere civili: incendiavano case, li fucilavano e a volte li rinchiudevano a dozzine in una stanza e dentro buttavano delle bombe a mano, finché non cessavano tutti i gemiti e le urla.  Franco riuscì a salvarsi anche grazie ad un giovane soldato tedesco.

Quell’episodio gli rimase in mente come quello di sua madre, perché forse doveva ricordare a quel giovane qualcuno che per lui era stato molto caro, infatti quando lo stava medicando si era messo a piangere quasi come un bambino e in quel momento sembrava più un essere umano che un soldato tedesco.

Quando riprese un po’ di forze venne portato in una casa dove un giorno un suo compagno mentre giocava urtò la pentola sul fuoco e si bruciò tutti i piedi. Una signora tentò di consolare Franco che stava piangendo dicendogli che il suo amico sarebbe presto tornato in forma, ma quello che non sapeva era che Franco in realtà era triste per i fagioli che erano nella pentola, perché erano ormai mesi che pativa la fame.

L’unica persona della sua famiglia che era ancora in vita era suo padre, ma ormai disperato decise di attraversare la linea gotica, facendosi catturare dai tedeschi; Franco fu portato in un orfanotrofio e ci ha raccontato quanto fosse terribile stare lì.

In quel momento mi sono messa nei suoi panni:  non so se io ce l’avrei fatta a stare lì, con quel senso di abbandono e di solitudine che provava perché nessuno andava mai a trovarlo.

Un bel giorno (l’unico bel giorno in cinque anni) una signora decise di adottarlo; la prima cosa che Franco le chiese fu:” Ci sarà abbastanza cibo da mangiare?”

La signora lo tranquillizzò e con lei passò finalmente degli anni felici, ma la sfortuna lo perseguitava e ben presto la madre adottiva morì di cancro. Anche lui iniziava ad avere dei seri problemi a causa delle pallottole che ancora si trovavano all’interno del suo corpo, ma riuscirono ad operarlo in tempo.

Alle fine del suo racconto qualcuno gli chiese se provasse ancora rancore verso i tedeschi, ma Franco ha capito che non tutti i tedeschi erano spietati come i soldati che avevano ucciso tutte quelle persone.

Spero che un giorno anche tu possa fare un’esperienza simile, perché è stata molto significativa per me e forse da ora in poi riuscirò ad apprezzare meglio anche le piccole cose della vita di tutti i giorni.

Spero di sentirti presto!

B.B.

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12/04/2020

Caro F.,

l’ultimo mercoledì prima delle vacanze di Pasqua abbiamo fatto un incontro con Franco Leoni, sopravvissuto alla strage di Marzabotto. Devo essere sincero con te, non ho pianto soltanto perché mi vedevano tutti e non volevo fare brutta figura ma comunque ho pianto dentro perché una storia come la sua non è facile da reggere; adesso te la sintetizzo. Lui era in campagna; la famiglia di sua mamma e i suoi parenti davano dei medicinali ai partigiani e quindi correvano un grosso rischio. Infatti un giorno i tedeschi arrivarono a fare una strage e come racconta lui a una bambina “Hanno sparato come si spara a un animale”. Lui, sua nonna e sua madre erano sopravvissuti ed erano riusciti a scappare, ma i tedeschi li videro e mitragliarono: dei tre soltanto lui riuscì a sopravvivere, perché la nonna fece da scudo per non far colpire gli altri, così lui e sua madre si nascosero dietro una siepe, ma comunque lei venne colpita al ventre: era incinta, stava per partorire e morì. Lui rimase abbracciato a lei dalle quattordici fino alla sera. Io in quel momento avrei voluto abbracciare mia madre, perché ho pensato a lui che l’ha persa per colpa di una guerra a soli cinque, quasi sei anni. Poi fu portato al raduno, che era dove venivano uccise le persone; i tedeschi erano pronti ad ucciderli, ma per fortuna c’era una persona che parlava tedesco e lui non capì come, ma loro gettarono le armi e lo medicarono. A curarlo fu un ragazzo tedesco che si mise a piangere, ma il signor Franco non sa perché, magari gli ricordava qualcuno. Così ho capito che i cattivi, alcuni, sono buoni ma a volte sono costretti. In seguito, mi ha colpito quando il signor Leoni ha raccontato la propria felicità di quando il nonno a Natale aveva portato un mandarino: apparentemente può sembrare una cosa piccola, ma in quel momento per lui era tanto. In seguito alla morte della madre e della nonna e al ferimento di Franco, suo padre si fece prendere dai tedeschi, perché secondo lui aveva perso tutto e così Franco fu portato in orfanotrofio.

Pensa che sfortuna, aveva perso la famiglia nel giro di poco tempo. E non è tutto, perché in orfanotrofio veniva picchiato e lo facevano stare in piedi di notte perché faceva la pipì a letto. Poi un giorno è arrivata una signora. Ma anche lei più tardi (come ha detto lui: “Quando la sfortuna ti perseguita…”) morì per un tumore al seno. I fatti che mi hanno colpito di più sono tre: il primo è che lui anni dopo ha scritto una poesia a sua madre che veramente mi ha emozionato, perché mentre la ascoltavo ho percepito l’amore di Franco verso di lei. E’ davvero un tipo tosto. Un altro che mi ha colpito abbastanza e che mi ha fatto riflettere è stato quando ci ha raccontato la sua soddisfazione nello scoprire che la via dove era morta sua madre ne aveva preso il nome.

L’ultimo fatto, probabilmente quello che mi ha portato a riflettere di più, è che lui aveva sempre provato odio verso i tedeschi, ma diceva che non era bello alzarsi la mattina e sentire quell’odio che portava; per fortuna un giorno incontrò un gruppo di tedeschi suoi coetanei e capì che anche loro avevano sofferto, così decise di perdonare. Io da questo racconto ho capito che Franco è un uomo forte e che davanti alle difficoltà, alle sfortune non si è arreso e adesso porta anche la sua testimonianza ai ragazzi nelle scuole. Mi ha colpito veramente.

Mi ha impressionato molto anche quando un genitore gli ha chiesto che cosa potesse consigliare a noi giovani e lui ha risposto: “Io porto la mia testimonianza, non posso fare altro, spetta a loro decidere”.

Veramente una grande persona.

Francesco, dimmi tu cosa ti ha colpito del mio racconto. Saluti!!

E.C.

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Rimini, 14 aprile 2020

Cara F.,

ti scrivo per raccontarti di una bella esperienza che ho vissuto questo mercoledì appena passato e che credo possa interessare anche a te. In questo periodo un po’ diverso dal solito stiamo facendo le lezioni via computer, come voi e dato che non siamo riusciti ad andare in soggiorno, una parte di quello che avremmo dovuto fare la facciamo lo stesso attraverso le video lezioni. Per raccontarci la strage di Montesole hanno partecipato due signore, uno storico di nome Daniele Susini e un testimone della strage, Franco Leoni, che ha raccontato la sua difficile storia a un pubblico “alternativo”, cioè dal computer, che nonostante tutto sentiva di essere con lui. Dopo una breve introduzione dello storico, Franco Leoni ha iniziato a raccontare la propria storia. Aveva circa sei anni ed era un periodo in cui i tedeschi massacravano chiunque non fosse dalla loro parte. Ci sono stati eccidi in diverse parrocchie; i tedeschi avevano portato tutte le persone fuori dalle chiese e avevano sparato loro colpi di mitragliatrice, fin quando non erano tutti morti. Intorno a Monte Sole la Resistenza di partigiani si chiamava Stella Rossa e in quel periodo Franco, la sua famiglia e le persone che aiutavano i partigiani si erano nascoste in un rifugio. Rinchiusi lì, erano in venti o venticinque persone e stavano tutti stretti. Un altro problema era che la mamma di Franco era incinta, perciò lei, Franco e la nonna dovettero uscire dal rifugio per farla partorire, perché quel luogo nascosto non era adatto. Così arrivarono alla casa, ma era in fiamme, così la nonna entrò lo stesso per prendere le lenzuola che servivano per il parto e si incamminarono per tornare al rifugio. Lungo la strada però arrivarono dei tedeschi che spararono alla nonna e Franco cercò di portare la madre al riparo dietro a dei cumoli di paglia, ma senza alcun successo. La madre morì dopo che le ebbero sparato in grembo e Franco, anche se si era protetto sotto la madre, fu colpito da tre pallottole. Quando la sera vennero a prenderli, la madre e la nonna erano morti ma per fortuna lui no e lo portarono a casa per curarlo. Il padre, che credeva che la famiglia fosse completamente sterminata, si consegnò al nemico. Poco dopo quell’episodio arrivarono i tedeschi che li presero tutti e li schierarono contro il muro per fucilarli. In quel momento, però, arrivò una giornalista, moglie di un pittore di quei posti che sussurrò qualcosa all’orecchio del generale tedesco e lui lasciò tutte quelle persone che voleva uccidere, portando anche dei dottori per curarli. Ad un certo punto sembrava fossero diventati tutti “buoni” e Franco venne curato da un giovane tedesco, che sembrava soffrire per lui. In seguito, Franco venne portato in un orfanotrofio gestito da suore. Esse erano severissime, sotto l’influenza fascista e ad ogni minimo sgarro corrispondevano punizioni severe, come le botte con la cintura dietro le gambe. Una delle pallottole aveva colpito Franco nella pancia e lui aveva di continuo un forte dolore alla vescica. Dopo un po’ di tempo in quell’orfanotrofio, un giorno, a Franco venne detto che una persona lo cercava. Lui si illudeva pensando che qualcuno della sua famiglia fosse ritornato per riprenderlo, ma ad aspettarlo c’era una signora che non aveva mai visto e che gli chiese se voleva andare a vivere con lei. Lui accettò, anche se era un po’ deluso. Lei gli volle molto bene e lo trattò come un figlio, tanto da farlo visitare da molti dottori per capire cosa avesse alla vescica e da farlo curare a Roma. Lei desiderava più di ogni altra cosa essere chiamata “mamma”, ma per lui era un po’ difficile dopo tutto quello che aveva passato. Quella signora però, aveva una malattia incurabile a quei tempi, il tumore al seno e per quello morì. Prima della sua morte Franco, per ringraziarla di tutto quello che aveva fatto, la chiamò “mamma”. Grazie a tutto quello che gli venne lasciato in eredità, Franco continuò la sua vita e in seguito a sposarsi e ad avere il suo primo figlio, quando lui aveva ventuno anni e la moglie tredici. La sua storia mi ha toccato molto e penso che siamo molto fortunati ad avere del cibo e un tetto sotto cui stare. In risposta alle domande che gli abbiamo posto ci ha raccontato anche della scarsità di cibo, infatti era successo un episodio in cui un suo amico aveva rovesciato la pentola del cibo caldo. Una donna che lo aveva visto triste, pensando che lo fosse per l’amico, gli disse che questi sarebbe guarito presto dalla scottatura, ma lui era triste perché non avevano più cibo da mangiare. Questo suo pensiero ha ricordato a me e a mia mamma, insieme alla quale ho ascoltato la testimonianza, le storie che ci racconta mio nonno sulle sofferenze per il poco cibo disponibile. Ritengo che siamo stati molto fortunati a fare questo “incontro”, perché rappresentiamo l’ultima generazione che può avere un rapporto diretto con i testimoni e in futuro dovremo essere noi a ricordare tutte queste sofferenze, per far in modo che non ricapitino più. La tua amica

M.C.

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Rimini, giovedì 9 aprile 2020

Caro P.,

ho avuto la fortuna di conversare con il signore Franco Leoni, un sopravvissuto alla strage di Monte Sole.

Il suo racconto è stato molto emozionante, assieme ai miei genitori ci siamo commossi e siamo stati rapiti dalla sua dolorosa storia.

Malinconia e nostalgia, sono state le due emozioni protagoniste di questa testimonianza per me.

A sei anni si era già dovuto nascondere perché la sua famiglia aiutava i partigiani, curandoli e dando loro da mangiare e questo lo portò a rifugiarsi nel rifugio. Un giorno sua mamma stava per partorire e quindi, siccome non avevano asciugamani puliti, dovettero tornare alla loro  abitazione.

Erano Franco, la madre e la nonna. Successivamente arrivarono le SS che li avvistarono, così iniziarono a sparare su di loro. Sua nonna morì subito, lui e la madre si nascosero dentro un pagliaio. Le SS cominciarono a mitragliare. Colpirono la madre al ventre e il figlio venne colpito a pancia, schiena e gambe. La scena più triste di quell’ orribile fatto è stata che Franco rimase tutto il pomeriggio, dalle quattordici alle diciannove di sera, abbracciato al corpo della sua mamma privo di vita.

Tornato al rifugio fu accudito dal nonno per vari anni, ma la zia lo picchiava per ogni errore che commetteva; in seguito trascorse cinque anni in un orfanotrofio. Un giorno una donna decise di adottarlo: per prima cosa Franco le chiese se ci fosse del cibo a casa sua e lei confermò.

Franco non si sentiva di chiamarla “mamma”, perché la sua era morta nella strage, ma quando scoprì che la signora era in procinto di morire di tumore, negli ultimi giorni si sforzò di chiamarla “mamma”.

“Quando morì” dice Franco “morì con il sorriso” e a queste parole semplici, ma piene di significato, il mio cuore si è sciolto e mi sono un po’commosso.

Il Signor Franco Leoni mi ha lasciato una grande testimonianza, che conserverò per sempre nei ricordi, nella mente e nel cuore.

G.F.

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Caro F.,

probabilmente te ne avrò già parlato, ma questo mercoledì abbiamo avuto l’appuntamento con Franco Leoni, il sopravvissuto alla strage di Monte Sole. E’stata un’esperienza intensa, ma soprattutto molto coinvolgente: egli ci ha parlato di tutta la sua storia, una storia piena di emozioni, difficile da raccontare, immagino. Il signor Franco si è anche commosso raccontandoci le vicende che ha vissuto durante la seconda guerra mondiale: era solo un bambino all’epoca, non aveva nemmeno sei anni! Avrei tanto voluto che ogni persona a questo mondo ascoltasse le sue parole e conoscesse il modo in cui riesce a trasmettere le sue emozioni, le stesse che provò circa ottanta anni fa. La sua storia, pur essendo la storia dal punto di vista di un bambino, è molto dettagliata, riesce a raccontare tutta la seconda guerra mondiale in pochissimi avvenimenti.

Non riuscirò a raccontarti tutto ciò che il signor Leoni ci ha raccontato, ma ti racconterò dei momenti della sua storia che mi hanno incredibilmente colpita. Una delle tante tristi storie è quella della perdita della sua famiglia. Si ricorda molto bene della perdita della famiglia di sua mamma: vennero uccisi tutti dai tedeschi. Poi, un giorno, incontrò in una stradina i tedeschi mentre era con sua mamma e sua nonna. Sua nonna spinse Franco e sua madre incinta dietro ad un pagliaio, prima di essere colpita alla testa. Il pagliaio non riuscì a proteggere Franco, il quale fu colpito alla schiena, né sua madre che venne colpita al ventre. Quel giorno sua mamma venne a mancare, dissanguata, tra le braccia di Franco, anche lui sanguinante. Subito dopo la sua famiglia lo trovò, lo portò in un rifugio per cercare di salvarlo ma anche lì arrivarono le forze tedesche che portarono tutto il gruppo di persone del rifugio ad un muro, per essere uccise. Le mitragliatrici erano già pronte quando una donna, che sapeva parlare il tedesco, andò dal comandante il quale, dopo che la donna ci ebbe parlato, diede l’ordine di abbassare le armi e di lasciarli andare.

Vedi, F., questo è stato un minimo assaggio di ciò che Franco ci ha raccontato, un minimo assaggio che, però, riesce a racchiudere in sé tante emozioni.

Spero che anche tu un giorno possa vivere un’esperienza come la nostra e che anche per te sia possibile provare il senso di condivisione che noi abbiamo sperimentato.

Spero di vederti presto

L.G.

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Cara E.,

ti scrivo per raccontarti dell’incontro della mia classe con Franco Leoni in videolezione.

Franco Leoni é uno dei pochi sopravvissuti alla strage nazifascista di Monte Sole. Durante la videolezione il signor Leoni ci ha raccontato la storia della sua vita, cominciando da quando a sei anni fu coinvolto in una strage che i nazisti avevano ideato per isolare un gruppo di partigiani che non riuscivano a sconfiggere diversamente. Franco, sua mamma, sua nonna si rifugiarono, insieme ad altri, in uno stretto cunicolo scavato nella montagna. Sua mamma era incinta e stava per partorire, così lui e le due donne si misero in cammino per trovare un posto adatto al parto. Durante lo spostamento vennero sorpresi da alcuni soldati tedeschi che uccisero prima la nonna, poi la madre e ferirono gravemente Franco. Nella notte venne soccorso dai compaesani, però qualche giorno dopo vennero scoperti da alcuni soldati e trasferiti in un luogo detto “Raduno” dove insieme ad altri dovevano essere uccisi. Per fortuna una signora fece cambiare idea al comandante nazista che fece portare del cibo per tutti e delle cure mediche per Franco; il ragazzo che lo curava mentre lo faceva piangeva e questo colpì molto il signor Leoni. I soldati permisero ai sopravvissuti di andare nel territorio controllato dagli Alleati.

Franco non rischiava più la vita, ma le condizioni erano molto dure: non c’era niente da mangiare, non avevano le scarpe e i vestiti ed erano pieni di parassiti. Gli anni successivi Franco li trascorse in un orfanotrofio, fino a quando una signorina benestante lo portò a casa con sé. Qui viene trattato molto bene e fu anche curato per le conseguenze della ferita. La sua testimonianza ha commosso tutti: anche se sono passati moltissimi anni il ricordo é impresso nella sua mente come se fosse accaduto ieri. La testimonianza mi ha fatto riflettere sull’ importanza delle piccole cose, che spesso diamo per scontate e che invece, ascoltando Franco parlare, mi sono sembrate molto importanti. Sono rimasta sorpresa dalla crudeltà dell’uomo e non riesco a capire come si possano uccidere delle persone indifese. Credo anche che sia molto importante ricordare quanto accaduto, in modo che possiamo imparare dalla storia e non commettere più gli stessi errori. Non vedo l’ora di rivederti e riabbracciarti, mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensi.

Un bacione

L.G.

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Rimini, 14/04/2020

Cara A.,

come stai?

Io sono rinchiusa in casa ormai da settimane, se non mesi, e vorrei tanto ritornare a vivere.

Sì, perché chiusa in questa casa mi sento oppressa, come un fringuello in una gabbia, come un orso circondato dai cacciatori, senza via di scampo.

Per fortuna le mie giornate sono molto occupate e tra le videolezioni con i professori, i compiti e la mia famiglia, non passo molto tempo a pensare alla mia condizione.

Però, scrivendoti volevo scacciare via questi brutti pensieri e concentrarmi su altro.

La settimana scorsa io e la mia classe abbiamo avuto l’onore di poter ascoltare la storia di Franco Leoni, un sopravvissuto alla strage di Monte Sole, un borgo non lontano da Rimini, e forse più vicino a te che a me.

Franco all’epoca era solo un ragazzino, tra i sette e gli otto anni, ma ha vissuto la cosa peggiore che potesse capitargli: ha perso sua madre.

Ella era nascosta insieme a Franco e sua nonna in un rifugio dove c’erano altre persone, troppe per quel rifugio.

La madre di Franco era incinta e sapendo che stava per partorire il bambino, aveva deciso che se anche in nazifascisti pattugliavano la zona, doveva rischiare.

Lei, Franco e sua nonna uscirono dal rifugio e fecero una salita per tornare a casa loro, che scoprirono essere in fiamme. La nonna entrò comunque e prese un paio di lenzuola pulite, visto che al rifugio non avevano neanche quelle, e poi si avviarono giù per la discesa per ritornare al rifugio.

Fu allora che i nazifascisti li videro e cominciarono a sparare.

Loro scapparono e si nascosero dietro un pagliaio, ma la nonna morì, la madre rimase ferita alla pancia e anche Franco fu colpito dalle pallottole.

Anche in quel momento la madre di Franco riuscì a rimanere tale, e dedicò una carezza a lui, l’ultima.

Quando scese la sera le persone che stavano nel rifugio uscirono e videro che Franco era ancora vivo: lo curarono con quel che avevano e seppellirono la nonna e la madre di Franco.

Nessuno pensava che Franco ce la potesse fare, ma lui si rimise in piedi, e poi tutti loro decisero di spostarsi nel bosco.

Venne anche a sapere che della sua famiglia – sorelle, cugine zie, zii – era rimasta viva solo una sorella della madre, perché i nazifascisti erano andati a casa loro e avevano visto medicinali e altri oggetti che si portavano ai partigiani, e avevano capito che li aiutavano.

Franco e “la famiglia” che lo aveva accudito andarono verso la linea del fronte dagli americani per essere aiutati, e lui da lì andò in un orfanotrofio di suore – perché anche suo padre morì, dove aver scoperto che tutta la sua famiglia non c’era più – dove però le suore erano state educate secondo gli ideali del fascismo, perciò erano severe: se i ragazzi facevano qualcosa di sbagliato subivano delle punizioni terribili.

Franco passò cinque anni in quest’orfanotrofio, poi una signora ben vestita lo adottò e lo portò con sé.

Questa signora era molto ricca e non aveva figli, e aveva adottato Franco per sentirsi chiamare “mamma”.

Franco però aveva bisogno di tempo, e dopo aver visto sua madre morire non riusciva a chiamare un’altra persona “mamma”.

Purtroppo questa signora il tempo non ce l’aveva, perché aveva un cancro al seno che al giorno d’oggi è curabile, ma che allora non lo era.

Solo in quel momento Franco riuscì a chiamarla “mamma”, perché quella donna l’aveva trattato come suo figlio, accudendolo, dandogli del cibo, un tetto, dei vestiti e cure mediche.

Ti ricordi le pallottole che aveva preso Franco quando stava scappando dietro al pagliaio?

Una di esse era rimasta nel suo corpo, più precisamente nella sua vescica, e lui da allora aveva avuto dei problemi, ma nessun medico era riuscito a capire cosa avesse.

Un giorno un medico andò da lui e gli chiese se potesse visitarlo anche lui; egli lo sottopose ai raggi x e quando vide le lastre di Franco non poté credere ai suoi occhi.

Il ragazzino andò a Bologna, dove subì delle operazioni, e ora sta meglio.

La storia di Franco e l’introduzione dello storico Susini mi hanno fatto riflettere: come dicono loro, anche noi adesso siamo in guerra, ma è diversa.

Ci siamo rifugiati nelle case invece che nei rifugi, il nostro nemico è uno, il virus; i “soldati” stanno dalla nostra parte, sono i medici e gli infermieri, e alla fine delle giornate dobbiamo contare i morti.

E’ una guerra? Questo io non lo so, so solo che ci sta togliendo la nostra voglia di vivere, di reagire. Certe volte mi sembra di essere un automa.

Spero invece che tu stia bene e che conservi la tua voglia di essere spensierata e felice.

Tanti abbracci virtuali, mentre aspetto di rivederti “dal vivo”.

A presto!

S.A.P.

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14/04/2020

Caro D.,

ti scrivo perché volevo raccontarti dell’incontro che la nostra classe ha fatto con Franco Leoni, un sopravvissuto alle stragi nazifasciste. Mi dispiace molto che tu non riesca a collegarti con “Meet” insieme a noi, soprattutto perché questo incontro è stato molto interessante. Inizierò raccontandoti la testimonianza del sopravvissuto. Franco si trovava con la sua famiglia a Monte Sole, nei pressi della Linea Gotica, dove c’era un gruppo di resistenza. I genitori di Franco avevano costruito un rifugio nel bosco dove vivevano venti persone, compresa la sua famiglia: stavano molto scomodi. Molte persone si rifugiarono nelle chiese, perché pensavano che lì i tedeschi non avrebbero avuto il coraggio di fare una strage. In una chiesa, però, di cui non ricordo il nome esatto, entrarono e uccisero immediatamente il prete che celebrava la Messa e una donna invalida, mentre fecero uscire tutte le altre persone. Posizionarono le persone davanti ad un muro, poi con una mitragliatrice le uccisero tutte. I tedeschi utilizzarono questa modalità anche in altre chiese. Negli oratori chiudevano le persone dentro le stanze e finché le sentivano urlare continuavano a lanciare dentro delle bombe a mano. La mamma di Franco stava per partorire ed insieme a Franco e alla propria madre stava andando a prendere dei medicinali e dei panni puliti nella loro casa, ma ritornando al rifugio incontrarono dei tedeschi. La nonna si sacrificò, spingendo la figlia ed il nipote in un fosso. In seguito Franco e sua mamma si rifugiarono dietro delle balle di fieno. Purtroppo i proiettili passarono attraverso le balle: tre di questi proiettili colpirono Franco alla schiena ed uno il ventre della madre incinta, che morì. Franco restò abbracciato al corpo della madre dalle quattordici fino a sera, fin quando le persone del rifugio lo soccorsero. Nei giorni seguenti i tedeschi perquisirono il rifugio e portarono tutte le persone in uno spiazzo, dove le avrebbero dovute uccidere. Erano complessivamente sessanta civili e furono messi in fila. Le mitragliatrici erano già posizionate. All’improvviso comparve una giornalista che parlò con l’ufficiale tedesco e lo convinse a lasciarli liberi. Diedero anche del cibo alle persone e un giovane ragazzo curò Franco, che era malridotto. Questo ragazzo mentre lo curava si commosse. Franco e la sua famiglia si rifugiarono in una casa diroccata. Suo nonno riuscì a procurare un mandarino per Natale e tutti gli fecero una gran festa. Il padre di Franco, visto quello che era successo alla sua famiglia, pensava che la sua vita non aveva più senso quindi aveva deciso di lasciarsi prendere dai tedeschi. Franco trovò il corpo di suo padre morto un anno dopo. Il ragazzino fu portato in un orfanotrofio dove c’erano delle suore severissime che, siccome faceva la pipì mentre dormiva, lo obbligavano a restare in piedi di notte. Un giorno una signora adottò Franco, ma restarono insieme solo un anno perché lei morì per un tumore al seno. Leoni non riusciva più a camminare, così un medico gli fece una radiografia da cui si vide che aveva un proiettile nella vescica. Franco andò a fare un intervento chirurgico a Roma e riuscì a sopravvivere. Questo incontro mi ha emozionato tantissimo perché mi ha fatto capire che la guerra è veramente crudele, che è importante accontentarsi di quello che si ha. Mi ha colpito molto anche la precisione con cui il signor Franco riusciva a ricordare e raccontare la propria vita. Mi ha confermato che il fascismo ed il nazismo hanno idee molto pericolose. Sono preoccupato, perché recentemente si sono verificati diversi episodi di razzismo, in particolare contro gli ebrei.

Ciao D., spero di rivederti presto.

L.S.

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14/04/2020

Ciao caro F.,

come stai? Ormai sono passati praticamente due mesi da quanto ci siamo visti per l’ultima volta a causa di questo coronavirus che ha fatto scoppiare il caos in tutto il globo; io sinceramente non riesco più a stare chiuso in casa e non vedo l’ora che tutta questa storia finisca, in modo che tutto torni alla normalità.

Come ben tu saprai, noi studenti continuiamo a studiare attraverso le video lezioni che forse per alcuni sono anche migliori delle lezioni in classe però io, anche se non avrei mai pensato di dirlo, non vedo l’ora di poter tornare tra i banchi.

In un momento come questo, anche se molti dicono che la tecnologia ci isola, questo è l’unico strumento che ci permette di restare uniti; infatti grazie ad esso due giorni fa ho avuto la possibilità di partecipare ad un’ esperienza bellissima e che non dimenticherò mai.

L’esperienza a cui mi sto riferendo è la testimonianza di Franco Leoni, un signore di circa ottanta anni che è uno dei due sopravvissuti alla strage di Monte Sole ancora in vita. Ciò che ha raccontato a me e ai miei compagni è stato molto toccante, perciò ti sto scrivendo per raccontarti la storia di Franco, sempre che ti interessi. Io reputo fortunata la mia generazione, perché essa è una delle ultime, se non l’ultima, che potrà godere di questa fortuna.

Franco ci ha raccontato che quando cominciarono le stragi nazi-fasciste contro i civili lui e i suoi genitori si trovavano a Monte Sole, sulla linea gotica, quindi per non farsi trovare dai nazisti, che intanto fucilavano tutti i civili che stavano aiutando i partigiani,  costruirono un rifugio all’interno del quale erano presenti venti persone, quindi si trovavano in una situazione di disagio e terrore.

La mamma di Franco in quel momento si trovava incinta e dato che non mancava molto al parto e non c’erano le cose necessarie, decise di tornare a casa con Franco e la madre; i nazisti li individuarono

La nonna per salvare la figlia e il nipote li spinse dietro una balla di fieno però morì, invece la mamma morì dopo essersi presa un proiettile nel ventre; Franco se ne prese uno di striscio, un altro nella vescica e un altro nella schiena.

Io in questa fase della testimonianza stavo per commuovermi, però ho trattenuto le lacrime. Suppongo che anche tu dopo aver letto ciò ti sia rattristato: mi immagino Franco, un bambino che all’epoca aveva solamente sei anni e che nel giro di pochi giorni perse tutti i suoi parenti più cari tranne il padre.

Egli dopo che anche la mamma era morta, disperato e non sapendo cosa fare, rimase abbracciato a lei fino a quando non lo soccorsero le persone rimaste nel rifugio, però dato che la sfortuna li perseguitava, un’altra pattuglia di nazisti li trovò nel rifugio e li portò ad un raduno dove erano presenti altri civili e intanto i tedeschi erano pronti con le mitragliatrici per la fucilazione.

Una signora che parlò in tedesco con l’ufficiale riuscì a far si che nessuno morisse anche se nessuno sa cosa abbia detto, nemmeno gli storici; così dopo aver dato loro da mangiare, i tedeschi ordinarono ad un ragazzo di circa diciassette anni di curare Franco e mentre lo faceva gli cadevano le lacrime dai occhi, facendo commuovere anche Franco che non aveva visto nessuno commuoversi per lui.

Durante la notte i nazisti gli diedero il permesso di passare dalla parte degli Alleati e si accamparono in una casa diroccata, di cui solamente una meta era intatta.

Rimasero li per praticamente tutta la guerra, perfino durante l’inverno e mentre i bambini giocavano per gran parte del tempo le mamme cucinavano ciò che il nonno di Franco e gli altri uomini procuravano.

Un’altra cosa che mi ha stupito è il modo in cui vivevano, ovvero correndo scalzi nella neve alta un metro e mangiando il minimo dispensabile, forse anche di meno, tanto che a Natale il nonno riuscì a recuperare una manciata di fagioli che però un coetaneo di Franco fece cadere mentre stavano bollendo e cosi lui inizio  piangere.

Piangeva non perché l’amico era finito all’ospedale con i piedi ustionati, ma perche aveva fame; e questo modo di vivere la mia generazione non lo conosce, continuando a pretendere sempre di più e non apprezzando mai quello che si ha già.

Terminata la guerra, Franco finì in un orfanatrofio per cinque anni: le suore erano molto severe dato che erano di cultura fascista, infatti dato che aveva una pallottola nella vescica non riusciva a trattenere la pipì perciò quando la faceva nel letto veniva frustato sulle gambe e come punizione gli toccava stare in piedi sul letto fino alle due di notte.

Per fortuna un giorno arrivò una donna che viveva in maniera benestantee chiese a Franco se volesse essere adottato; lui rispose di sì, a patto che si mangiasse.

Dopo circa un anno Franco fu operato a Roma; gli fu asportata la pallottola dalla vescica, però quando tornò a casa della madre adottiva ella morì a causa di un tumore al seno e lui come regalo la chiamò mamma per la prima volta, per far avverare il suo più grande desiderio.

Qui finisce la testimonianza di Franco, anche se dopo ci ha raccontato che ha scritto una poesia per sua madre biologica defunta e che diventato grande si rifece una famiglia con 6 figli di cui la più grande ha 63 anni.

Franco ha deciso di perdonare i tedeschi per aver assassinato tutta la sua famiglia e che dopo aver fatto ciò la sua vita è migliorata; io sono felice per lui e che la sua vita sia migliorata, però non so se sarei mai riuscito a perdonarli per avermi fatto una cosa simile, se fossi stato al posto suo.

Spero di averti trasmesso le stesse sensazioni che Franco ha trasmesso a me con questa testimonianza, però adesso devo lasciarti.

E.Z.
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SCHEDA PER L’ANALISI DI UN FILM
Alunno/A G. B. Classe 3G Data 03/05/2020
A Comprensione
• Dati
Titolo: L’uomo che verrà . …………………..……………………………………………………….……..
Regista: Giorgio Diritti ………………………………….. …………………………………………………..…
Paese di produzione: Italia .……………….………………………………………………………….……….….
Anno di produzione: 2009……………………………………………………………………………………..…..
Durata: 2 ore…………………………………………………………………………………………………………
Attori/attrici principali: ……………………………………………………………………………………….….
Alba Rohrwacher (zia Beniamina), Maya Sansa (madre Lena), Claudio Casadio (padre Armando), Greta Zuccheri Montanari (Martina)

• Tipo di film
Cartone animato Film di fantascienza
Film con sola animazione digitale Film Western
Film di fantasia con attori ed effetti speciali Film d’avventura
Film realistico Film drammatico …………
• Il soggetto
Tema (Di che cosa parla il film? Riassumi in poche righe la vicenda)……………………………
In questo film vengono raccontati gli eventi storici avvenuti prima della strage di Marzabotto, visti attraverso gli occhi di Martina, una bambina di otto anni, figlia unica di una famiglia contadina che fatica a vivere in tempo di guerra
• Ambientazione (In quale tempo e in quale luogo è ambientata la vicenda?)……………….
La vicenda è ambientata tra il 1943 e il 1944 a Marzabotto, in provincia di Bologna
• Personaggi principali (Indica quali sono i personaggi che hanno maggior peso nella trama, nello svolgimento della vicenda; per ciascuno fornisci, brevemente, una descrizione: dell’aspetto fisico ed eventualmente dell’abbigliamento, se questo è suo tipico; del carattere e della mentalità; di eventuali caratteristiche sue tipiche, come manie, modi di parlare o di fare particolari ecc.)………………………………………………………..
Martina: bambina di otto anni con i capelli bruni e ricci; non parla dalla morte del fratellino.
Lena: madre di Martina, alta con capelli scuri, grande lavoratrice.
Beniamina: zia di Martina, capelli ondulati e castani, grande lavoratrice come la sorella Lena.
Armando: padre di Martina, capelli neri e occhi scuri.

• Personaggi secondari rilevanti (Personaggi non protagonisti ma importanti o perché sono ben caratterizzati o perché hanno un alto valore simbolico per ciò che rappresentano o propongono) ………………………..…………………………………………………………
Signor Bugarelli: si trasferisce con la famiglia a Marzabotto, perché Bologna era occupata dai tedeschi.
Mercante e Pepe: si fingono mercanti, ma in realtà sono spie tedesche
Prete: aiuta i bambini e le famiglie a scappare dai nazisti.
B Interpretazione
• Il messaggio (Quali idee, quali sentimenti o quali valori propone il regista?) …………….
Con questo film il regista fa capire quanto terribile e ingiusta sia la guerra e sottolinea la brutalità e l’orrore delle rappresaglie dei tedeschi nei confronti dei civili.
• Temi secondari ma significativi (Accanto al messaggio principale, quali altri argomenti interessanti o significativi propone il regista?) …………………………………………
Accanto al messaggio principale, un altro argomento significativo è l’amore dei partigiani per la loro terra e per la libertà.
È importante anche la nascita del secondo fratellino (l’uomo che verrà), che dona nuova speranza a Martina, la quale ricomincia a parlare cantandogli una ninna – nanna
C Riflessioni personali
• Io e il film (Impressioni o considerazioni personali libere sul film: ti è piaciuto oppure no? Perché? Come giudichi il finale? Sei d’accordo con il messaggio del film?)………….
Il film mi è piaciuto, perché mi ha fatto capire come sia veramente la vita
durante la guerra. Sono d’accordo con il messaggio del regista: la guerra è spietata e porta solo odio, violenza e morte.
• Scene indimenticabili (Ricordi qualche scena particolarmente toccante, suggestiva o memorabile? Perché ti ha colpito? Ci sono state, invece, scene che non ti sono piaciute? Perché?)……………………………………………………………………………………………………..
Una scena che mi è rimasta impressa è stata l’esecuzione dei cittadini di Marzabotto da parte dei tedeschi; mi ha colpito perché è una scena particolarmente brutale e violenta.
Nel complesso tutto il film mi è piaciuto perché, nonostante alcune scene fossero drammatiche, racconta la verità dei fatti.

SCHEDA PER L’ANALISI DI UN FILM
Alunno/A D. G. Classe 3G Data 03/05/2020
A Comprensione
• Dati
Titolo: L’uomo che verrà ……….…………..……………………………………………………………….…..
Regista: Giorgio Diritti …..……….…………………………………………………………………………………
Paese di produzione: Italia .……………….………………………………………………………….……….….
Anno di produzione: 2009 …………………………………………………………………………………..……
Durata: 115 minuti …..……………………………………………………………………………………….………
Attori/attrici principali: .……………….………………………………………………………….……….……….
Alba Rohrwacher (Beniamina), Maya Sansa (Lena), Claudio Casadio (Armando), Greta Zuccheri Montanari (Martina), Stefano Bicocchi (Signor Buganelli)

• Tipo di film
Cartone animato Film di fantascienza
Film con sola animazione digitale Film Western
Film di fantasia con attori ed effetti speciali Film d’avventura
Film realistico Film storico/drammatico………..
• Il soggetto
Tema (Di che cosa parla il film? Riassumi in poche righe la vicenda)……………………………
Il film racconta la storia di Martina, una bambina di otto anni che vive con la numerosa famiglia contadina sui colli bolognesi. Poi arriva anche lì lo scontro tra i partigiani e i soldati tedeschi, mentre la madre della piccola resta incinta……………………………………….

• Ambientazione (In quale tempo e in quale luogo è ambientata la vicenda?)……………….
La vicenda è ambientata negli anni 1943-1944, durante la seconda guerra mondiale.
Ci troviamo a Marzabotto, sui colli bolognesi.
• Personaggi principali (Indica quali sono i personaggi che hanno maggior peso nella trama, nello svolgimento della vicenda; per ciascuno fornisci, brevemente, una descrizione: dell’aspetto fisico ed eventualmente dell’abbigliamento, se questo è suo tipico; del carattere e della mentalità; di eventuali caratteristiche sue tipiche, come manie, modi di parlare o di fare particolari ecc.)…………………………………………………………
Martina: all’inizio ha otto anni, non parla più dopo la morte del fratellino per lo shock, è solita riutilizzare i vestiti dei suoi familiari, cerca di capire com’è il mondo.
Beniamina: zia della piccola, resta sconvolta per la morte del fidanzato partigiano, è molto coraggiosa e non si fa sottomettere da nessuno, non ha figli.
Armando: padre di Martina, partigiano, cerca di portare avanti la famiglia.
Lena: madre della bambina, resta incinta e cerca di fare il possibile in casa.

• Personaggi secondari rilevanti (Personaggi non protagonisti ma importanti o perché sono ben caratterizzati o perché hanno un alto valore simbolico per ciò che rappresentano o propongono)………………………………………………………………………………….
Famiglia Buganelli: si trasferisce in campagna perché a Bologna gli attacchi sono più pesanti; il mercante e l’aiutante: spie tedesche, si intrufolano in casa della famiglia;
altri partigiani; soldati tedeschi; i preti: cercano di salvare gli abitanti nelle loro chiese
B Interpretazione
• Il messaggio (Quali idee, quali sentimenti o quali valori propone il regista?) ………….…
Il regista intende raccontare il periodo delle stragi naziste così com’era: crudele. Vuole far capire il dolore che la gente provava all’epoca, trasmettendo al pubblico tristezza, angoscia, rabbia , paura…
• Temi secondari ma significativi (Accanto al messaggio principale, quali altri argomenti interessanti o significativi propone il regista?) ………………………………………..
Alla fine del film Martina riprende a parlare; è questo il messaggio: che dopo uno shock ancora più grande della morte di un fratello, ovvero la morte di parenti, amici e compaesani, riprende coraggio per cantare una ninna nanna al neonato, cioè l’uomo che verrà. Un altro messaggio è quello di non fidarsi delle persone che non si conoscono abbastanza: come succede per il mercante e il suo assistente, che in realtà raccolgono informazioni
C Riflessioni personali
• Io e il film (Impressioni o considerazioni personali libere sul film: ti è piaciuto oppure no? Perché? Come giudichi il finale? Sei d’accordo con il messaggio del film?)………….
Il film mi è piaciuto molto, penso che la sceneggiatura sia fantastica, dalle ambientazioni al dialetto bolognese, dai costumi ai modi di fare. Il finale lo reputo unico nel suo genere ed il messaggio deciso e forte.
• Scene indimenticabili (Ricordi qualche scena particolarmente toccante, suggestiva o memorabile? Perché ti ha colpito? Ci sono state, invece, scene che non ti sono piaciute? Perché?)………………………………………………………………………………………………………
Mi hanno colpito molte scene: quando una vecchietta disabile viene uccisa perché lenta ad uscire dalla chiesa; quando l’aiutante del mercante ha il fucile in mano; quando Beniamina viene salvata perché simile alla moglie del soldato tedesco, il quale viene ucciso dalla zia per aver sparato ad un bambino che piangeva, ma anche lei viene poi colpita da un altro soldato.

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